Dopo tanto studio e tantissima gavetta, il Santa Elisabetta è stato il treno che ha consacrato Rocco de Santis. Un treno preso nel 2017 giocando una scommessa difficile, resa possibile da una proprietà che una volta scelta la persona giusta non si tira indietro. In uno dei palazzi storici del Rinascimento fiorentino siamo di fronte ad un professionista maturo, padrone totale della tecnica, assolutamente vocato al pesce come alla carne, maestro di pasta e di ortaggi, come tutti i cuochi di origine campana. La selezione delle materie prime, la scuola francese della salsa come legante ed esaltatore del sapore messa in discussione dal neopauperismo esistenzialista e punitivo, il giusto equilibrio fra i prodotti determinano quella che possiamo definire un’esperienza gastronomica. Ad aggiungere spessore alla proposta c’è una squadra di sala molto giovane e motivata, che cura i dettagli del tavolo senza essere invasiva, una bella carta dei vini e delle bollicine per tutti i gusti anche se non per tutte le tasche. Imperdibile il piatto iconico della triglia, indimenticabile la salsa all’inzimino dei bottoni ripieni di provola che determina una combinazione incredibile al palato; di ottima scuola anche il piccione, mentre i dolci sono di alleggerimento e mai stucchevoli. Il Santa Elisabetta del Brunelleschi, che ha anche un bistrò dedicato alla cucina tipica fiorentina, è il segnale di una ripresa di Firenze nella ristorazione di lusso come si conviene ad una città unica qual è il capoluogo toscano.