di Barbara Guerra
Neanche durante la seconda guerra mondiale si è assistito a una serrata di locali e ristoranti a livello planetario. Oggi però la ristorazione non è un piccolo asset dell’economia, ma rappresenta quote importanti di PIL in ogni Nazione, tra diretto e indotto con un moltiplicatore altissimo se pensiamo che un piatto servito ad un tavolo di alta cucina genera economia a partire dai fornitori del ristorante fino agli alberghi e ai trasporti. Ristoranti che sono diventati grandi catalizzatori culturali per città e Nazioni, chef icone culturali e un sistema di show business dai reality ai documentari ispiranti. Tutto questo in un momento in cui si mangiava più fuori casa che mai anche nella tradizionale Italia. Niente sarà come prima, lo avevamo annunciato perché era facile la lettura degli elementi emergenti all’indomani dell’inizio della paralisi e ogni giorno che passa ce ne convinciamo sempre di più. Ne sono ben consapevoli anche gli chef, è così palese che la crisi che oggi ci sta facendo tutti sbattere contro un muro ha l’effetto di svegliarci da un sogno e prendere coscienza che siamo di fronte a due ordini di problemi a cui bisogna dar risposta il prima possibile. Da un lato l’emergenza economica legata ad un’economia che si ferma e alla mole di disoccupati creatasi nel settororni. Dall’altra la necessità di immaginare il futuro.
Questi sono i temi su cui tanti importanti chef, tra i migliori al mondo, stanno lavorando, chiedendo aiuto a gran voce come fa Daniel Humm, chef patron dell’Eleven Madison Park a Manhattan, che dal suo profilo Instagram lancia un appello #saverestaurants al Congresso Americano per chiedere sostegno alla ristorazione e evitare chiusure definitive e milioni di disoccupati. Un altro emblema della ristorazione newyorkese, Momofuku, lancia una raccolta fondi a completo favore dello staff rimasto senza lavoro.
Renè Redzepi, pochi giorni dopo la chiusura del Noma di Copenhagen, in un video propone ai sui clienti di acquistare un voucher per future cene e sostenere così il momento di crisi della sua azienda. Iniziative simili a queste stanno proliferando sia negli Stati Uniti che in Europa, alcune probabilmente prenderanno piede anche in Italia. Un modo di reagire per consentire il finanziamento dei ristoranti in questo momento che non sappiamo bene quanto lungo sarà.
Ma cosa riserva il futuro?
Lo chiediamo a Josep Roca, sommelier e proprietario, insieme ai fratelli Joan e Jordi, del ristorante simbolo nazionale di Girona (Spagna) El Celler de Can Roca, catalizzatore di un movimento turistico di grande portata economica. “Viviamo una situazione nuova e difficile che ci mette alla prova a livello personale, familiare, sociale, sanitario ed economico. Il futuro si presenta incerto e complesso. Per affrontarlo avremo bisogno di tutta la nostra creatività, fondamentale sarà sia la capacità di adattamento che lo spirito di sacrificio. Oggi stiamo dedicando del tempo alla famiglia ed ai nostri genitori e studiamo come rivedere i nuovi progetti”.
La stessa preoccupazione che ci avevano rappresentato ieri altri autorevoli figure del panorama gastronomico mondiale, gli chef Oriol Castro, Eduard Xatruch e Mateu Casañas del Disfrutar di Barcellona “È chiaro che a livello collettivo dovremo riflettere su ciò che è accaduto e ci auspichiamo che tutti imparino qualcosa per creare una società migliore. Speriamo anche che non si perda interesse per la ristorazione e che potremo continuare a fare ciò che amiamo di più, cucinare per i nostri clienti e renderli felici”.
Più nello specifico va poi Elena Arzak, ristoratrice da tre generazioni e con oltre 50 anni di tre stelle Michelin sulla giacca nel suo ristorante di San Sebastian, sempre in Spagna. “Le cose cambieranno e non sappiamo bene cosa ci aspetta. Probabilmente i ristoranti saranno più semplici, più accessibili, più conviviali”.
Uno sguardo preoccupato ma fiducioso sull’Italia arriva da Massimo Bottura, lo chef modenese che ha toccato vertici di popolarità mondiali e che prima del coronavirus aveva una lista d’attesa interminabile per un pranzo alla Francescana. “Vedo il rischio di un’estate grigia, economicamente sarà un disastro, oggi giustamente ci preoccupa l’aspetto sanitario, è giusto così ma l’economia dopo l’emergenza del coronavirus sarà molto provata. Siamo un grande Paese e possiamo ripartire riscoprendolo, chi può fare le vacanze resti in Italia e organizziamoci per dire a tutti di continuare a venire da noi; io su agosto non ho nessuna disdetta dall’estero. Dobbiamo avere fiducia, ci metteremo a lavoro, ognuno ci metterà il suo e ce la faremo”.
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