Orizzonti che si dilatano e valicano i confini della Valsesia, troppo stretti per la genialità di una cucina che, allo stesso tempo, porta nel presente la tradizione di solidi elementi e attualizza, con essi, accostamenti mai tentati. Ci riesce benissimo Giorgio De Fabiani, nel suo microgioiello di Rassa: un albergo-locanda che, abbandonata l'antica funzione di alloggio turistico, è divenuto fucina di alti cibi. Prenotazione molto consigliata per i pochi posti raccolti nelle due sale all'ingresso (diventano di più in estate, quando il bel tempo consente di aprirsi alla piazza, tra le case in pietra del borgo alpino). L'amuse-bouche, da solo, vale il viaggio: è un ripetersi di finger food creativi, dal micro-risotto in cialda, alla bagna cauda a bicchiere, fino alla gelatina di Negroni. Tra i primi, gli inarrivabili ravioli di cappone, o il gioco concentrico del risotto alla zucca e formaggio blu di valle; cubico, bellissimo il gioco di lingua, bagnetto verde e patate vitelotte. La cantina è di mano sicura, come il servizio sovrinteso da Chiara Maccagnan. E' la storia di un cambio vita (Giorgio ha abbandonato una carriera dirigenziale per reinventarsi chef quassù), di un paese che rinasce e di tanta passione spesa in cucina e ricerca: a costo di sfiorare l'eresia, ma qui poco importa dato che siamo nel paese di quel Frà Dolcino di cui scrissero Dante ed Eco, oggi da conoscere e assaggiare.
The borders of Valsesia are too cramped for this cuisine which looks towards much broader horizons. It brings solid elements from tradition into the present to create flavor combinations that have never been attempted. Giorgio De Fabiani manages to do all this in his mini-jewel of an establishment in Rassa. It is an “albergo-locanda” which, having abandoned its old purpose as a tourist accommodation, has become a breeding ground for gourmet food. Reservations are strongly recommended for the few seats that are situated in the two dining areas at the entrance. Seating is expanded in summer, when the weather allows opening on to the piazza among the stone houses of this alpine borgo. The amuse-bouche alone is worth the trip. It is a series of creative finger foods, from the micro-risotto to the bagna cauda served in a cup, to a Negroni gelatin. Among the first courses we recommend the unrivaled cappone ravioli, or the concentric twist of the pumpkin risotto with blue cheese from the valley, and finally the lovely cube of tongue, green sauce and vitelotte potatoes. The cantina is managed by a sure hand, as is the service which is supervised by Chiara Maccagnan. It is a story of a lifestyle change. Giorgio abandoned his career as a director of a company to reinvent himself as a chef. It is a story of the rebirth of a town and of excessive passion spent in cooking and in research; so much so that it nears heresy. But that is not so important here given that we are in the town of the Monk Dolcino who both Dante and Eco wrote of. Today you can explore the area through the flavors of this cuisine.