di Laura Guerra
L’alleanza fra settore agroalimentare e Ateneo federiciano passa per la didattica, la ricerca, il placement nel mondo del lavoro. Ne è convinto il professor Matteo Lorito, Rettore dell’Università di Napoli Federico II, a cui 50 Top Italy ha assegnato il premio Formare il Futuro 2021 – Voce di Napoli Award.
Professore ordinario di Patologia Vegetale e di Biotecnologie Fitopatologiche e dal 2016 direttore del Dipartimento di Agraria, eletto poche settimane fa alla guida del più grande e prestigioso ateneo meridionale, vede nel settore della produzione, trasformazione, servizio del cibo un settore strategico per lo sviluppo economico del Sud.
Come si dà dignità scientifica ad un piatto di pasta al pomodoro?
“Investendo in ricerca ad alta tecnologia, per rimanere al piatto simbolo che ci identifica in tutto il mondo il momento in cui in un ristorante stellato, nella trattoria di quartiere o a casa nostra lo si porta in tavola, si serve il risultato di una cultura sedimentata che incrocia per esempio la ricerca sul tipo di grano usato per la farina della pasta, il biotipo del pomodoro più gustoso, sugli studi che si fanno per combattere le malattie delle piante di olivo”.
In pratica come si traduce questo rapporto fra cucina e comunità scientifica?
“Con l’inaugurazione tre anni fa del primo corso di laurea in Scienze Gastronomiche Mediterranee, primo in Italia dedicato alla materia, con un’offerta di discipline molto equilibrata tra produzione agraria, tecnologie alimentari e gastronomiche, storia, sociologia, comunicazione, marketing ed economia. I posti disponibili sono 50 ed, ogni anno, le richieste di iscrizione superano la soglia del numero chiuso, mentre registriamo grande interesse da parte delle imprese per i profili formati”.
Che tipo di professionalità esce da questo percorso di studi?
“Laureiamo dottori in Scienze Gastronomiche dotati di un elevato grado di professionalità che, partendo dall’aspetto gastronomico, si estenda ai processi produttivi legati alle specificità territoriali, in particolare quelle dell’area mediterranea. Tra gli argomenti affrontati le tecnologie alimentari, la storia e la cultura del cibo, la sicurezza alimentare, l’imprenditorialità e la gestione di aziende nei settori della ristorazione o promozione del nostro patrimonio enogastronomico, la connessione tra salute, nutriceutica e alimentazione”.
Siamo in piena convivenza con il Covid-19, come l’emergenza sanitaria sta trasformando lo studio universitario?
“È facile prevedere che la pandemia spingerà fortemente gli atenei verso un uso sempre più ampio della didattica a distanza, sia in modalità sincrona che in modalità asincrona. Sono convinto che, in questo scenario altamente competitivo, la nostra Università debba far valere una “soluzione originale e federiciana”: le diverse forme di didattica vanno integrate e potenziate entrambe”.
Che rapporto ha con la tavola, qual è il suo piatto preferito?
“Amo la cucina casalinga, quella fatta di ricordi e capace di modificare la stessa ricetta in ogni casa perché diversa è l’autrice che la prepara. Vado anche volentieri a mangiare fuori, amo la fusion fra sapori mediterranei e quelli asiatici, mi piace molto il pesce crudo”.