di Laura Guerra
Famiglia è la parola e il sentimento che più intimamente appartiene al lievitista Vincenzo Tiri e intessa tutta la sua storia.
E’ una cosa di famiglia l’amicizia con Alfonso Pepe indimenticato suo maestro che sul lavoro lo ha sempre considerato un collega e non un competitor, condividendo con lui opinioni su ingredienti e tecniche di laboratorio. Una stima sincera e forte, espressa ad ogni competizione da Alfonso che gli diceva “Se vinci tu è come se vincessi io”. Dai loro scambi generosi è nata negli anni un’amicizia domestica fatta di feste passate insieme che oggi, a pochi mesi dalla scomparsa di Alfonso, si alimenta dell’affetto reciproco fra le famiglie della moglie Teresa e quella di Vincenzo.
Persona di famiglia è il loro lievito madre che allevano dagli Anni Trenta e che nutrono e rinfrescano ogni giorno con affetto e competenza; lui ricambia adattandosi all’ambiente, al tempo e alle temperature e dando soffice aroma a tutti i dolci che genera.
Con lui dialoga il nonno Vincenzo, 94 anni, capostipite di casa; gli basta uno sguardo, il tocco lieve di un dito per capire il carattere e il comportamento di lieviti e impasti, perché nessuno a casa Tiri li “sente” come lui.
L’erede del nome e della sapienza di famiglia è l’omonimo Vincenzo, 39, nato e cresciuto fra dolci lievitati che preparava suo padre Michele, che crescevano, cuocevano e si vendevano ad Acerenza borgo medievale in provincia di Potenza.
“Ricordo che quando ero ragazzino mia zia a Natale ci portava sempre il panettone da Milano quel dolce mi ha ammaliato da allora e io a 14 anni già lo sapevo che la mia vita sarebbe stata dedicata al panettone” racconta. E così è stato. Da anni il suo panettone vince tutte le competizioni del settore, da anni i clienti, sotto le feste di Natale, arrivano da tutt’Italia e fanno una fila di ore per comprare i suoi dolci confezionati in eleganti scatole in stile secondo Novecento.
Oggi Vincenzo nipote è la terza generazione e ha raccolto sfida e testimone costruendo un progetto in cui ha creduto con caparbietà: aprire una pasticceria di soli lievitati, dove le altre tecniche dolciarie, le creme, le bevande sono a servizio del prodotto principale: il suo panettone a tre lievitazioni.
Il lievitato protagonista assoluto delle ricorrenze che diventa sapore, aroma e consistenza in tutta la linea di dolci delle sue golose boutique e diventa un piacere da ritrovare tutto l’anno. Grazie a prove che durano a volte mesi, alla ricerca della giusta alchimia fra consistenze, aromi e morbidezze, il panettone si rivela nella piccola pasticceria e nei gelati, nella brioche come nei bauletti e ai tavoli di Acerenza e di Potenza viene servito in percorsi di degustazioni pensati per regalare un’esperienza.
Un’esplosione di sapori capace di raccontare i prodotti sconosciuti o dimenticati del posto come l’arancia staccia di Tursi, agrume grande e schiacciata dalla buccia spessa e ricchissima di oli essenziali che in casa Tiri candiscono da sempre.
Terza generazione e tre lievitazioni (una in più rispetto alla versione classica milanese) dunque la carta d’identità del marchio Tiri e poi c’è Acerenza, paesino lucano di 2800 anime che diventa meta gourmet non già per piatti della tradizione locale ma per un dolce simbolo di Milano; un piccolo paese del Sud interno poteva mai competere con il simbolo della metropoli meneghina? Sulla carta non doveva.
Troppo a Sud, troppo inaccessibile, invece la visione di Vincenzo aiutata dalla rete digitale che in questo tempo di emergenza sanitaria ha spinto la commercializzazione on line incrementata del 600% .
Così questo il borgo medievale fra i più belli d’Italia secondo la rivista Forbes è diventata il regno del panettone gourmet.